Ho riportato lo sguardo in
basso solo quando erano ormai trascorsi tre giorni a New York, ero tremendamente affascinata
dall’imponenza dei palazzi, da non riuscire a contare i piani delle
costruzioni. Tutto era verticalizzato verso un cielo azzurro e fresco. Quando ho
guardato di nuovo in giù c’era un tombino che fumava, come quelli dei film di gangster
in bianco e nero.
A NY ti ritrovi quasi per caso a Times Square, che a dirla tutta non è una piazza ma un crocevia
enorme di strade con tutti i cartelloni pubblicitari colorati e i taxi gialli
che sfrecciano coperti di altrettanta pubblicità. Un insieme coloratissimo.
E passeggiando a Times Square si è fatta l’ora del
primo hot dog. E come si dirà “senape”? Apriamo le braccia al junk food con
slanci, fa parte integrante del viaggio.
Avevo una grande
aspettativa su Central Park ed è stata totalmente ripagata. Un parco nel bel
mezzo della città. Questo ti permette di essere immerso nel verde e vedere di
fronte a te i grattacieli offrendoti più piani di prospettiva. Non un rumore a
disturbare chi prendeva il sole, si riposava sull’erba o giocava a soft ball, oppure gli scoiattoli che scorrazzavano liberamente fra gli alberi.
Dopo un po' di riposo sull'erba umida di Central Park ci siamo avviati all’Empire State Building, la prima delle esperienze preventivate ancora quando
eravamo a Milano. Il consiglio su internet era quello di andarci al tramonto e
di armarsi di pazienza per la fila. Così noi abbiamo comprato i biglietti con
il salta la fila. Infatti il tempo di entrare nella affascinante e lussuosa hall (il grattacielo non è fra i più alti ma sicuramente fra i più "storici" e ospita anche molti uffici) mostrando i nostri ticket ogni 10 metri agli addetti in divisa bordeaux in men che non si dica ci siamo ritrovati con il contatore dei piani che ha segnato in rosso 80. Eravamo all'ottantesimo piano. E ci eravamo arrivati nella metà del tempo che ci impiega l’ascensore di
casa mia a portarmi al sesto piano. Si aprono le porte dell’ottantesimo
piano ma non siamo ancora a destinazione. La corsa è a scovare una finestra, una porzione di cielo. Ancora sei piani e siamo a destinazione.
Da lì la città è un rincorrersi
di ombre lunghe. Il sole cala e ogni grattacielo si riflette sul suo vicino. Si
vedono perfettamente le street e le avenue che dividono in tanti quadratini la
città. Da tutti i lati si scattano decine di foto. Il fiume, i quartieri, tutto
azzurro e rosa. Qualche punta di giallo arriva dalle file di taxi ferme ai
semafori. In quel mondo il pensiero mi porta in Italia, dove è notte fonda. Vorrei
condividere tutta questa bellezza che mi apre il cuore. Il sole cala sul primo giorno a New York, esita
un attimo e poi si tuffa oltre la linea grigia e scintillante da cui sorgono i
palazzi.